Una stagione di debutti, addii e rinascite

Una Milano Fashion Week di debutti e saluti finali ci presenta le collezioni per la prossima Primavera Estate 2026. Una settimana carica di intensità emotiva e il suo valore simbolico. Si è chiusa, infatti, con la sfilata celebrativa del 50° anniversario di Giorgio Armani — la prima senza il suo Re, scomparso lo scorso 4 settembre. Era impossibile non percepire il peso del silenzio prima che le luci si accendessero. 

Questa è stata l’ultima volta in cui abbiamo visto abiti ideati e concepiti da Giorgio Armani stesso: una collezione che, pur pensata come proposta stagionale, è diventata all’improvviso un racconto nostalgico, un riassunto di oltre 50 anni di moda impresso ormai nella storia. Il nome della collezione: "Pantelleria", l'amata Pantelleria di Giorgio. Grigio, navy, la fluidità, le proporzioni maschili addolcite, l’imperial purple, lo scintillio discreto, la ricchezza tattile dei materiali: Armani, semplicemente Armani. 

Questa edizione segna anche debutti di nuovi direttori creativi, pronti a interpretare, ciascuno a modo proprio, l’eredità delle maison storiche. Dario Vitale debutta da Versace, e non era un debutto facile. Il suo tentativo di equilibrare sensualità e rigore ha diviso la critica: una collezione che cerca di aggiornare il DNA Versace, ma che forse non ha ancora trovato la voce autentica della sua nuova era. Da Bottega Veneta, Louise Trotter firma un esordio misurato ma deciso. Simone Bellotti da Jil Sander lavora per sottrazione: linee pulite, volumi architettonici e un bianco che diventa linguaggio. Mentre il primo capitolo di Demna da Gucci inizia con una presentazione cinematografica "La Famiglia". 37 Look ognuno con un nome e archetipo italiano. Una mossa di coraggio che rompe con la tradizione per rinnovare l’appeal del brand. 

Alberta Ferretti e Ermanno Scervino continuano a sedurci con abiti impalpabili, trasparenti e fluttuanti. È la femminilità che tutti amiamo - potente, ma mai aggressiva, istintiva e poetica.

Blumarine sotto la guida di David Koma, parla con una maturità diversa, più consapevole e raffinata. Con corsetti, denim, trasparenze - il simbolo la farfalla. La ragazza Blumarine è gotica, piena di fascino da femme fatale. Mentre Alessandro Michele presenta la sua collezione Valentino tra rigore e sogno. combinazioni di blouse e pantaloni o gonne, giocando con colori vivaci, stampe e tessuti diversi come chiffon, georgette, velluto e suede, il tutto in una meravigliosa palette colori. 

Uno dei temi principali di Fendi era la rilettura dello sportswear: pezzi tipici dell’abbigliamento sportivo sono stati trasformati in capi di demi-couture. La palette è vivace e gli abbinamenti cromatici forti, quasi a voler ribadire che anche la praticità può essere sofisticata.

La collezione di Prada, curata da Miuccia Prada e Raf Simons, rappresenta invece una risposta all’overload culturale contemporaneo. La sfilata ha presentato una fusione di elementi apparentemente opposti: top sportivi con gonne a palloncino in taffetà, patchwork di ruches e silhouette liquide, abiti e cappotti in tonalità pastello. Una collezione libera, ironica, e volutamente imperfetta.

E poi Dolce & Gabbana, che hanno scelto di trasformare la passerella in un set cinematografico, registrando durante la sfilata un estratto iconico de “Il diavolo veste Prada”. Un gesto ironico e al tempo stesso potentemente simbolico: la moda che parla di sé, che si osserva allo specchio, che celebra il proprio mito con la consapevolezza di chi conosce il gioco e ne svela le regole. Tra trasparenze, corsetti e nero assoluto, il duo ha riportato la sensualità italiana nel suo territorio naturale — quello della teatralità.

Questa Milano Fashion Week Primavera/Estate 2026 è stata un ponte.
Tra il passato e il futuro, tra il lutto e la celebrazione, tra l’eleganza classica e il coraggio di cambiare.